DANNI POST INTERVENTO, SE LA PAZIENTE NON DIMOSTRA CHE ADEGUATAMENTE INFORMATA LO AVREBBE RIFIUTATO, NESSUN RISARCIMENTO.
Una donna conveniva in giudizio l’Ospedale Gaslini di Genova ed un chirurgo, per il risarcimento dei danni subiti per la perdita di capacità riproduttiva a seguito di intervento chirurgico per interruzione volontaria di gravidanza in assenza di valido consenso informato. La domanda veniva però rigettata in quanto, pur essendo stato violato il diritto al consenso informato, il Tribunale e la Corte d’Appello concordavano sul fatto che l’attrice non aveva dimostrato che avrebbe rifiutato l’intervento se correttamente informata. La donna ricorreva dunque in Cassazione, la quale richiamava la giurisprudenza in materia di consenso informato, la fattispecie in esame rientrava nell’ipotesi dell’omessa informazione in relazione ad un intervento che aveva cagionato un pregiudizio alla salute ma senza che fosse stata dimostrata la responsabilità del medico. Il diritto al risarcimento per la violazione del diritto all’autodeterminazione era riconosciuto, quindi, solo a condizione che il paziente allegasse e dimostrasse che, se fosse stato adeguatamente informato, avrebbe rifiutato l’intervento. In tal senso, il rifiuto del consenso alla pratica terapeutica rilevava sul piano della causalità giuridica e cioè della relazione tra evento lesivo perfezionatosi con la condotta omissiva violativa dell’obbligo informativo e conseguenze pregiudizievoli che ne derivavano secondo un nesso di regolarità causale. Nel caso di specie, la ricorrente non aveva dimostrato che, se adeguatamente informata, non avrebbe interrotto la gravidanza.
La Corte rigettava dunque il ricorso.
(Corte di Cassazione, sez. III Civile, ord. n. 25875/20; del 16.11.2020)
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