L’ACQUISTO DI DIAMANTI CONSIGLIATO DALLA BANCA SI RIVELA UN PESSIMO AFFARE: IL CORRENTISTA HA DIRITTO AL RISARCIMENTO.
Una banca consigliava ad un correntista l’acquisto di diamanti di una società terza. Il cliente, si lasciava convincere comprando due diamanti, a seguito di una verifica compiuta dall’Autorità garante per la concorrenza e il mercato, peró, il correntista si rendeva conto che in realtà aveva pagato un prezzo eccessivo, per entrambi i diamanti, e che la possibile rivendita con connesso guadagno ipotizzata sulla brochure fornita dalla banca non aveva alcun fondamento, tenendo presente il loro reale prezzo di mercato.
Così il correntista citava a comparire la Banca davanti al Tribunale di Lucca per vedersi riconosciuto un risarcimento danni. Nel corso del procedimento emergeva che la società venditrice garantiva alla banca un corrispettivo per ciascuna segnalazione di potenziali clienti andata poi a buon fine. Tra l’altro diversi erano stati i clienti che segnalavano di essere stati indotti dal personale della banca ad effettuare l’acquisto dei diamanti, con un ruolo attivo dello stesso personale che illustrava e commentava i grafici prodotti dalla società venditrice. Infine vi era la relazione dell’Autorità, che riconosceva l’interesse delle banche all’attività di vendita dei diamanti sia nell’evidente ritorno economico, sia nella fidelizzazione della propria clientela, emergendo così che gli impiegati delle filiali proponevano ai clienti, nel corso di colloqui di consulenza sugli investimenti, l’acquisto di diamanti secondo le modalità indicate dalla società venditrice. Il valore dei diamanti acquistati dal cliente era molto inferiore al prezzo effettivamente pagato, e che gravava in ogni caso sulla banca, che ha proposto l’affare, l’obbligo di informare appieno il cliente su tale circostanza, non risultante dalla brochure informativa a lui consegnata, in quanto la mera segnalazione costituiva comunque un incentivo alla stipulazione del contratto e la banca conservava, comunque e indipendentemente dalla sua posizione strettamente legata al caso di specie, l’obbligo generale di ben gestire il capitale dei propri clienti, dovendo assumersi in tale obbligo anche la corretta informazione sulle pratiche di investimento dalla stessa consigliate o anche soltanto meramente segnalate. La banca avrebbe dovuto, in particolare, segnalare al proprio cliente l’effettivo utilizzo delle somme da questi versate, specificando quali importi, e in quale misura, sarebbero stati destinati a servizi e/o oneri aggiuntivi rispetto al mero acquisto delle pietre e giustificare in tal modo al proprio cliente il prezzo da questi pagato alla società. Considerato, poi, che proprio sulla consulenza della banca il cliente aveva fondato la sua decisione all’acquisto, si considerava accertata la responsabilità della banca nella causazione del danno dovuto all’esorbitante prezzo pagato dal cliente.
Il Tribunale accoglieva dunque la domanda del correntista, che aveva diritto ad un risarcimento pari alla differenza tra la somma complessiva pagata e il valore effettivo dei diamanti, qual era emerso dalla produzione del listino.
Alla luce di questi elementi era, dunque, anche logica la sanzione dell’Autorità, che imponeva alla banca il pagamento di 3 milioni e 335 mila euro.
(Tribunale di Lucca, sentenza n. 750 del 4.9.2020)
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