PRESSIONI ALL’EX FIDANZATA PER CONVINCERLA A SMETTERE DI FARE USO DI DROGHE: NON E’ STALKING.
Un uomo finiva sottoaccusa per presunto stalking nei confronti dell’ex compagna, il Tribunale lo riteneva colpevole, la Corte d’Appello, invece, si era concentrata sul movente che aveva spinto l’imputato ad agire e a pressare l’ex compagna, e cioè aiutarla a smettere di far uso di sostanze stupefacenti, ritenendo quindi illogico parlare di atti persecutori. La donna, non ci stava, e ricorreva in Cassazione, contestando la decisione dalla Corte d’appello. In particolare il suo legale evidenziava come anche in secondo grado il racconto della donna era stato ritenuto pienamente attendibile, ma era stata esclusa la rilevanza penale della condotta tenuta dall’imputato, alla luce della ricostruzione del suo movente, il quale però, non andava confuso con l’elemento psicologico del reato.
A questa linea difensiva, i giudici della Cassazione ribattevano che era stata del tutto legittima l’assoluzione dell’uomo, poiché basata sulla considerazione che, nel periodo temporale in contestazione, successivo alla fine della pregressa relazione sentimentale, la donna fosse tossicodipendente e l’ex compagno, a sua volta affrancatosi da quella stessa condizione, fosse animato dal desiderio di volere aiutare a tutti i costi l’ex compagna, ormai solo un’amica, a venirne fuori. Importante, ai fini della decisione, anche la versione dei fatti riferita dal padre dell’uomo e confortata anche dall’analisi degli sms inviati dalla donna all’ex compagno, fino al giorno prima dell’arresto dell’uomo, dai quali si evinceva che la donna continuava a mantenere un legame affettivo con l’ex compagno, sul cui appoggio confidava.
Essendo evidente, dunque, la mancanza del dolo persecutorio nei comportamenti dell’uomo, e mancando, tra l’altro, l’insorgere di uno stato di reale ansia e preoccupazione nella donna, la Corte non poteva che dichiarare inammissibile il ricorso.
(Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza del 4.11.2020, n. 30740 )
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