IL DANNO PER IL FETO NATO MORTO DEVE ESSERE RISARCITO COME PERDITA DI UNA RELAZIONE AFFETTIVA POTENZIALE.
Una coppia conveniva in giudizio l’Ospedale dinanzi al Tribunale di Siena, per vedersi riconosciuto il risarcimento dei danni per la morte intrauterina del feto, prospettando la responsabilità dei sanitari che avevano sottoposto a visita ginecologica la donna, la quale, dopo tale esame medico, aveva fatto rientro presso la propria abitazione, per poi ritornare poche ore dopo poiché accortasi di perdite ematiche. Il tracciato eseguito evidenziava un grave stato di sofferenza del feto, ma la donna veniva ciononostante dimessa senza alcuna prescrizione, durante la stessa notte avveniva la morte del feto.
Il Tribunale rigettava la domanda, mentre la Corte d’Appello, dopo aver disposto il rinnovo della consulenza, accoglieva il gravame e riconosceva il risarcimento dei danni a favore dei danneggiati, i quali però ricorrevano in Cassazione dolendosi per la violazione delle tabelle di Milano e dei principi giurisprudenziali in tema di perdita del rapporto parentale nel caso di figlio nato morto. I giudici di merito avevano, infatti, applicato le tabelle di Milano come punto di riferimento determinando l’importo riconosciuto nella misura pari alla metà del minimo in considerazione del fatto che si trattava della morte di un feto, evidenziando il mancato instaurarsi di un oggettivo (fisico e psichico) rapporto tra nonni, genitori e nipote, figlio. Veniva, però, richiamata dalla Cassazione un’altra pronuncia giurisprudenzale con la quale si evidenziava che le tabelle milanesi prevedevano una forbice per la liquidazione della perdita del rapporto parentale che consentiva di tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto, compresa l’intensità della relazione affettiva. Nello specifico caso di feto nato morto era ipotizzabile solo il venir meno di una relazione affettiva potenziale e non anche una relazione affettiva concreta sulla quale parametrare la misura del risarcimento. Rispetto a tale relazione affettiva potenziale, non vi era una tabellazione espressa da parte delle suddette tabelle.
In questo caso, trattandosi di morte intrauterina del feto, il giudice di merito poteva liquidare il danno utilizzando le tabelle di Milano come criterio guida da applicare in relazione alle caratteristiche del caso di specie ed alla considerazione che si trattasse di perdita di una relazione affettiva potenziale, dunque, rigettava il ricorso.
(Corte di Cassazione, sez. III Civile, del 20.10.2020, n. 22859 )
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