GIA’ PERCORSA E CONOSCIUTA L’AREA: NESSUN RISARCIMENTO PER I DANNI SUBITI CON LA CADUTA.
In un pomeriggio invernale del 2005 una donna inciampava e cadeva a causa di un gradino dissestato mentre attraversava un’area di proprietà di una famiglia, in seguito procedeva con la richiesta di risarcimento dei danni da lei subiti per la caduta. Il Tribunale le dava ragione e fissava il risarcimento danni a circa 13.000 €, per la contusione del cranio, del viso, della mano e la distorsione della caviglia.
La Corte d’Appello però poneva in discussione il diritto della persona danneggiata a ottenere un risarcimento, poiché nell’interrogatorio formale aveva affermato di frequentare abitualmente il tratto di strada luogo del sinistro e di conoscere lo stato dissestato dello stesso, stato, peraltro, a suo giudizio peggiorato il giorno dell’incidente, dato che aveva piovuto, e dunque la donna avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione.
La donna tramite il suo legale ricorreva in Cassazione per vedersi riconosciuto il risarcimento di cui era stata privata in appello, contestando la decisione di secondo grado. Per la Cassazione però, andava confermata la decisione presa in Appello, poiché si era appurato che l’attraversamento dell’area era avvenuto, da parte della donna, nella consapevolezza della pericolosità dell’area stessa. La stessa danneggiata aveva ammesso di attraversare abitualmente il tratto di strada luogo del sinistro e di conoscere lo stato dissestato dell’area, peraltro, a suo dire, peggiorato il giorno dell’incidente, giorno in cui, oltretutto, aveva piovuto.
In sostanza, a fronte di tale quadro, la donna avrebbe dovuto percorrere quell’area con ancora maggiore circospezione, cosa che, invece, non aveva fatto, e ciò era sufficiente per negarle il risarcimento.
La Cassazione rigettava dunque il ricorso, poiché la donna conosceva le precarie condizioni del luogo, rese peggiori dalla pioggia, il fatto era prevedibile ed avrebbe dovuto, proprio per questo, prestare maggiori cautele, nessun risarcimento era quindi dovuto.
(Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza n. 20341 del 28.9.2020)
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