IL DATORE DI LAVORO È RESPONSABILE PER L’INFORTUNIO SE LA CONDOTTA DEL LAVORATORE RIENTRA NELLA SFERA DI RISCHIO DA LUI GOVERNABILE
Tribunale e Corte d’appello concordavano sulla colpevolezza del datore di lavoro ritenuto responsabile, in qualità di presidente del consiglio di amministrazione di una società di trasporti, per il reato di lesioni colpose commesso con violazione delle norme antinfortunistiche a danno di un dipendente. Contro la pronuncia veniva proposto ricorso in Cassazione, nel procedimento innanzi a lui, il Collegio sottolineava come il comportamento imprudente del lavoratore non escludeva la responsabilità del datore di lavoro nel caso in cui egli non avesse adottato tutte le misure idonee a prevenire i rischi collegati a tali comportamenti imprudenti. Difatti, l’ipotesi del rischio eccentrico rispetto a quelli rientranti nella sfera di governo del datore di lavoro non era riscontrabile in presenza di evidenti lacune e criticità del sistema di sicurezza predisposto dal datore di lavoro nelle varie fasi dell’attività. Come già affermato, le disposizioni in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro erano dirette a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che potessero derivare da sua colpa, dovendo, il datare di lavoro, prevedere ed evitare prassi di lavoro non corrette e foriere di eventuali pericoli; in tale caso non era dunque possibile inquadrare il comportamento del lavoratore nel concetto di condotta abnorme non essendosi realizzato in un ambito avulso dal procedimento lavorativo a cui era addetto e non potendosi sostenere che si trattasse di una condotta assolutamente eccentrica rispetto alla sfera di rischio governata dal ricorrente.
In materia di normativa antinfortunistica la condotta colposa del lavoratore poteva considerarsi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo solo dove avesse attivato un rischio eccentrico o esorbitante la sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia, nel caso di specie, quindi, la Corte rigettava il ricorso.
(Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza n. 26618 del 25.9.2020)
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