CONDANNATO PER ABBRACCI E TOCCAMENTI NON GRADITI.
Un trentacinquenne approcciava una ragazza di vent’anni, in casa sua, prendendola in braccio, abbracciandola e mettendole le mani nelle tasche, e infine le baciava la guancia, comportamenti non graditi dalla ragazza, che gli aveva detto di non volere alcun bacio, queste parole per i Giudici, erano sufficienti per condannare l’uomo, ritenuto colpevole di violenza sessuale, consistente in toccamenti, ai danni della ragazza, incapace di reagire di fronte ad una condotta improvvisa e non prevedibile. L’uomo si rivolgeva alla Corte d’Appello e poi alla Cassazione per contestare l’accusa, il valore della versione offerta dalla ragazza. Su questo fronte il legale osservava che la persona offesa aveva raccontato che l’uomo aveva accompagnato lei e la sorella a casa per portare le borse, che lei lo aveva seguito a casa per avere in regalo un pesciolino, mentre lui era andato a prendere un contenitore, lei si era avvicinata all’acquario per vedere i pesciolini e in quel frangente l’uomo l’aveva presa in braccio fingendo di metterla nell’acquario, poi l’aveva abbracciata e messo le mani nelle tasche, e quindi le aveva dato un bacio sulla guancia. Quindi non era vero che la ragazza aveva respinto l’uomo e non era emerso dalle sue dichiarazioni un netto rifiuto né imbarazzo. La persona offesa non aveva palesato il proprio disagio o disappunto, ma si era fatta prendere per mano, aveva seguito l’uomo in casa, si era lasciata prendere in braccio, non aveva detto nulla, non si era allontanata né si era lamentata.
Non poteva parlarsi di costrizione o violenza, anche perché la ragazza si era rifiutata di ricevere un bacio sulla bocca ma aveva ricevuto un bacio sulla guancia. La ragazza piangeva durante la testimonianza, a distanza di due anni dai fatti mentre, all’epoca della presunta violenza, dopo esser rimasta impietrita, terrorizzata, bloccata, ha permesso alla persona che le aveva fatto del male di accompagnarla a casa, di intrattenersi in sua compagnia.
Tutte queste obiezioni non avevano convinto i Giudici della Cassazione, che confermavano la condanna così come pronunciata in appello. Il racconto della ragazza era inattaccabile in ordine ai toccamenti lascivi subiti, e a questo proposito per i magistrati il fatto che il giorno dopo, avendo rivisto l’uomo, la ragazza aveva deciso di raccontare tutto alla madre ed alla sorella era indicativo del turbamento ed imbarazzo subiti. La ragazza aveva reso delle dichiarazioni scevre da intenti ritorsivi e calunniosi, né si erano ravvisati profili di incapacità della giovane a percepire quanto avvenisse attorno a lei o a rappresentarlo correttamente. Non erano emersi elementi di ambiguità nella condotta della ragazza che aveva subito i toccamenti non voluti ed al di fuori di un contesto di condivisa affettuosità.
Era dunque legittima la condanna per violenza sessuale, poiché la violenza privata, ipotizzata dal legale, ricorreva quando la violenza fisica o morale prescinde dalla concupiscenza sessuale.
La Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso.
(Corte di Cassazione sez. III Penale sent. 18456/20 del 17.6.2020)
0 commenti